All’inaugurazione dell’anno giudiziario
Il pg Riello denuncia il rafforzamento della camorra
“Napoli è un caso nazionale, centinaia i clan che fanno affari con covid, benzina e droga”. Forte critica alla Chiesa partenopea: “Gli anatemi non sconfiggono la camorra, servono fatti”

Redazione di Napoli
“Napoli è un caso nazionale, dovrebbe essere dichiarata un caso nazionale per la sua unicità rispetto a Roma, Milano, Palermo, Reggio Calabria. Gli omicidi che avvengono a Napoli non ci sono da nessuna parte. Il numero di clan che si dividono la città, la provincia e il territorio del distretto non ha pari in Italia. Siamo costretti a dire sempre le stesse cose, sicuramente un aumento tendenziale dei reati. Discorso degli organici è fondamentale, della proporzione tra il numero di pm e di gip che è assolutamente inadeguato soprattutto a Napoli dove c’è anche il gip distrettuale antimafia”.
È stato durissimo l’intervento del procuratore generale Luigi Riello all’inaugurazione dell’anno giudiziario di sabato 22 gennaio avvenuto a Castel Capuano. Non usa mezzi termini citando le centinaia di clan presenti sul territorio e che opprimono le masse popolari frenando lo sviluppo economico, e precisa: “non si può parlare di una polverizzazione delle strutture camorristiche perché l’intera area metropolitana è controllata da due cartelli mafiosi, quello dell’Alleanza di Secondigliano e quello che fa capo alla famiglia Mazzarella”.
D’altronde l’Alleanza di Secondigliano che ha il controllo di tutta l’area Nord di Napoli, incluso i comuni dell’hinterland, vanta di essere di fatto “la prima cosca per dimensioni affaristico-imprenditoriali e pericolosità di fuoco”, conclude il procuratore che individua, non più solo nella droga e nelle estorsioni, le punte di diamante della logica economico-criminale, ma le stende anche ad altri settori. “I clan fanno affari con il covid e le attività connesse all’emergenza pandemica”, allargando di nuovo gli orizzonti a Caserta, Avellino e Benevento, comuni della provincia inclusi: “è finita l’epoca delle alleanze con politici, imprenditori, perché i camorristi fanno affari direttamente con proprie figure senza far ricorso ai vecchi metodi parassitari”.
Il settore della droga è stato il viatico, ad esempio, all’apertura di nuovi settori affaristici come quello particolarmente redditizio della benzina con collegamenti in Spagna e Olanda, ma anche la creazione di un'unica cabina di regia con le cosche della 'ndrangheta nella vendita del petrolio di contrabbando. Altri settori vedono un balzo in avanti come “l’usura, il lucroso settore delle aste pubbliche, fino al contrabbando di sigarette, provenienti soprattutto dall’Est Europa”, sottolinea il pg Riello che ha una sortita durissima anche per la Chiesa partenopea. “Via i Don Abbondio dalle parrocchie, altrimenti continueremo a vedere mani grondanti di sangue che danno offerte che alcuni accettano”, ha stigmatizzato Riello che ha aggiunto: “l’anatema della Chiesa da solo non sconfigge la camorra, ma è certo che i camorristi sono, come i mafiosi, molto vicini alla chiesa: vanno a messa, portano i santi patroni, elargiscono donazioni, si avvicinano ai sacramenti. Questa gente deve uscire dalle chiese: non si può entrare in un luogo di culto con in una mano una pistola e nell’altra il rosario. Va tolta autorevolezza a queste persone - ha concluso Riello - questa cosa deve assolutamente finire”.
Ecco la Napoli che ha lasciato il neopodestà De Magistris e alla quale il ministro dell’Interno Lamorgese, assieme alle giunte antipopolari De Luca e Manfredi, non hanno saputo far altro che “opporre” un fantomatico “accordo per la sicurezza” che non mette al primo posto il lavoro e lo sviluppo con interventi straordinari per Napoli e Campania che possano contrastare seriamente il cancro della camorra.

26 gennaio 2022